PANNI & LA ZAMPOGNA

Zampogna di Pan – intervista a Tonino Mauriello (clicca su)

**.** **.**




ORIGINI DI PANNI (FG) E DELLA SUA ZAMPOGNA

Di Angelo Capozzi

Per far delle proposte fondate relativamente alle origini di Panni (FG), preferisco partire dalle leggende evidenziate da molti studiosi del mondo greco e latino, perché è l’unico vero materiale che riesce a fornire, immediatamente, lumi su un passato tanto remoto. Una leggenda parla dell’arrivo, nell’attuale Capitanata (ed oltre), di Dauno, figlio di Licaone re dell’Arcadia (nel Peloponneso), accompagnato da un contingente di Illiri (probabilmente Illiri-Pelasgi). I Dauni scacciano gli Ausoni, che molti studiosi considerano di etnia simile agli Arcadi. I Dauni sono Dardani, sono in qualche modo Pelasgi-Micenei, quindi non ancora Elleni. Arrivano in Puglia, a mio parere, poco dopo il II millennio a.C. Alcune leggende fanno venire Dardano, il capostipite dei Dardani dall’Arcadia. Come vedete c’è un ritorno costante dell’origine arcadica delle nostre genti. Le leggende relative all’arrivo di Diomede (re di Argo del Peloponneso), in qualche modo sta ad indicare l’arrivo di nuovi greci, anche se, quasi sicuramente, non ancora Elleni, che si integrano con i Pelasgi-Micenei-Dauni già residenti nel territorio della Puglia settentrionale. Ricordiamo che i Dauni erano Pelasgi diventati Dani, e quindi Dauni, con l’arrivo nel Peloponneso di Danao dall’Egitto (sovrano di origini argive), che divenne re di Argo. Come vedete c’è anche un ritorno costante della città di Argo. Danao, dopo il suo arrivo in Grecia, riformò positivamente l’economia, le leggi, la religione del mondo greco, al punto che tutti i Pelasgi (cioè tutti greci) presero il nome di Dani o Argivi (così li indica Omero nell’Iliade). Argo del Peloponneso è molto probabilmente la fondatrice della colonia daunia che si chiamerà,come la madre patria, Argo Hippium (l’Argo dei Cavalli) e ognuna nei rispettivi territori era situata ad est e vicino al mare. Sappiamo che successivamente l’Argo Hippium daunia verrà chiamata Arpi, e con tale nome sarà grandemente conosciuta nella storia antica delle città d’Italia.

Quello di cui mi sono, piano piano, accorto è che la Daunia riproduce, in piccolo, il Peloponneso. Nel territorio greco ad ovest di Argo vi è l’Arcadia, mentre in Daunia vi è Panni, il paese del dio Pan, il dio maggiormente venerato nell’Arcadia, che figura nello stemma del paese. Per portare ulteriori prove alla suddetta ipotesi pensiamo alla Locride peloponnesiaca che si concreta, in Daunia, con Lucera, a Trezene che diventa Troia nel nostro territorio (ma che ricorda anche Troia omerica), Sepia dell’Argolide che si ricollega alla nostra Siponto. Quindi la Daunia come il Peloponneso, strutturati tenendo conto delle zone dedicate alle divinità solari ad est (Diomede, Apollo, ecc.), e di quelle dedicate al sole al tramonto ad ovest (dio Pan, Dioniso, ecc.).
Panni (nel nostro dialetto “Pan”) è chiaramente un paese dedicato, dagli antichi sacerdoti daunii, al dio Pan, diversamente non troveremmo la sua figura nello stemma civico del suddetto paese.
Pan è l’inventore della zampogna e rappresenta la costellazione del Capricorno, che chiude il ciclo dell’anno e ne apre uno nuovo (nel nuovo calendario). Le leggende che parlano del dio Pane che aiuta a vincere Zeus contro i suoi nemici, anche nella veste del Capricorno, sta a significare che il dio-capro, aiuta il sole, nel solstizio di inverno, a rinascere e a ricrescere, per riportare nel Cosmo la vita, l’armonia, l’ordine, la fecondità, ecc. Pan suscita il caos primordiale, ma poi lo incanala verso una grande, rinnovata e ordinata rinascita.
Quindi il dio Pan si presenta come il sole notturno, bestiale, ma che,contemporaneamente, diventa fondamentale (nel tempo di Natale), per far nascere il sole bambino, che col tempo diventerà Gesù Bambino, il sole dei Cristiani.
Ma la zampogna di Panni e cioè la zampogna di Pan, del Capricorno, non poteva essere una normale zampogna, perché doveva rispondere a particolare requisiti: dove essere uno strumento speciale. In Italia non si riconoscono strumenti simili e forse modelli che ci assomigliano li troveremo nei paesi greci o di cultura pelasgica. La zampogna che doveva suonare al solstizio d’inverno per aiutare il sole a rinascere, a ricrescere e a ristabilire l’ordine e l’armonia nell’universo doveva essere particolare.
I sacerdoti daunii pensarono (è la mia ipotesi), per i motivi che esporremo, che la zampogna dovesse ricalcare l’iconografia classica del dio, che si ritrova rappresentata moltissimo nei documenti storici, ma anche nello stemma civico di Panni. Nell’immagine si vede il dio che regge con la mano destra un bastone, simbolo di tutti gli elementi maschili del cosmo, e con la sinistra il flauto di Pan (la siringa), simbolo di tutti gli elementi femminili. La genialità dei sacerdoti sta nel riuscire ad armonizzare il suono del bordone (il “totaro” che imita il bastone, cioè gli elementi maschili del Cosmo) con il suono del chanter (della “calamita”, che imita quelli femminili). Solo armonizzando i suddetti elementi, fondamentalmente costitutivi della creazione, dell’ordine cosmico, della vita, è possibile ricominciare un nuovo ciclo vitale.
Quindi la zampogna di Panni si presenta come una zampogna esclusivamente solstiziale, natalizia.
L’otre, di questo particolare strumento, è costituito dalla pelle d’agnello, simbolo di rinascita e rappresentazione della vittima sacrificale (l’agnello veniva ucciso, per ricavarne l’otre, qualche giorno prima di Natale). Le canne sono collegate direttamente sull’otre, al posto delle zampe anteriori dell’animale (è questa è la dimostrazione che l’etimo “zampogna”, più che derivare da “sinfonia”, deriva da “zampona”, grande zampa della divinità in questione) e questa fa di questo strumento più una cornamusa che una zampogna. Una grossa canna maschio, il bordone (il “totaro”), rappresenterebbe il belare del montone, l’altra, il chanter (la “calamita”), costruita con canna femmina, vorrebbe imitare il belare della pecora. Il chanter ha solo tre buchi (quattro suoni), limite, che a mio parere, i sacerdoti si sono autoimposto, per motivi religiosi (si pensi alla trinità, ecc.).
La zampogna di Panni non accompagnava la ciaramella, ma un flauto di canna con tre buchi, quasi ad imitazione del chanter della zampogna (ma non lo era perché ambedue rispondevano ad uno stesso “principio” religioso).
I costruttori, i semplici pastori-contadini di Panni, si riunivano quindici, venti giorni prima di Natale, per costruirla e facevano a gara a chi la confezionava meglio, più intonata, ecc. . Si suonava la Notte di Natale per Gesù Bambino, infatti, poi, la zampogna, oggetto della nostra discussione, è stata cristianizzata e quindi oggi è da considerare, storicamente, uno strumento pagano, ma culturalmente cristiano. In chiesa, a mezzanotte, suonavano 50, 60 zampognari e l’effetto che si ricavava con l’esecuzione di una sorta di “Tu scendi dalle stelle”, era potente, emozionante, commovente. Si suonava, poi, ancora, all’Epifania. Qualcuno sulla zampogna costruiva un piccolo presepe. Per altre notizia vi rimandiamo al libro di Angelo Capozzi e Antonio Mauriello “La zampogna di Panni”.
Antonio Mauriello, il musicista che ha salvato dall’oblio la zampogna di Panni e l’ha riproposta con forza all’attenzione di studiosi e musicisti di tutto il mondo, ha organizzato una presentazione della stessa al XVI Festival della Zampogna a Maranola (Formia – Latina), organizzato dallo studioso, musicista, operatore culturale e animatore Ambrogio Sparagna. Io avevo l’incarico di presentare lo strumento dal punto di vista storico-folklorico, e poi c’è stata l’esecuzione di “Tu scendi dalle stelle” suonata da Francesco Capobianco, alla zampogna arcaica di Panni e quella di Antonio Mauriello, alla zampogna moderna Che ricalca quella arcaica, ma ha maggiori potenzialità musicali) di Panni, il quale ha presentato alcuni brani da lui arrangiati. La micro-conferenza ha suscitato un interesse incredibile, soprattutto da parte degli studiosi. Sparagna ha chiuso il dibattito, attorno a questa particolare strumento, sostenendo che la zampogna di Panni ha un’importanza storico-musicale enorme, perché l’uso della scala con i quattro suoni precede il sistema tonale e quindi rappresenta una fase antichissima dell’espressione musicale italiana, una fase originaria. Alla fine ha affermato con forza, ripromettendosi di venire a Panni personalmente, che la zampogna di cui trattiamo, come strumento etnico, ha un VALORE ASSOLUTO.

Altre notizie:
La Zampogna
Gli elementi che rendono l’atmosfera natalizia così unica coinvolgono tutti i sensi: ecco perché durante questo periodo siamo bombardati da odori, sapori, colori e musiche che fanno del Natale la festa per antonomasia. Lo strumento musicale che più di tutti
rappresenta il Natale è sicuramente la zampogna. Questo strumento lo possiamo definire un “animale sonoro” perché è costruito con la pelle di un agnello sulle cui zampe sono innestati i chanter, le canne piccole dalle quali fuoriescono gli acuti, e il bordone, la canna grande dalla quale esce un suono grave che funge da basso continuo. La letteratura sulla zampogna è molto vasta perché questo strumento di origine arcaica, della famiglia degli aerofoni a sacco, lo si trova in tutto il territorio europeo, si pensi alla cornamusa anglosassone e alla gaita spagnola, con differenti fogge costruttive, con più di un bordone, e quindi con diversità di esecuzione. La zampogna propriamente detta esiste solo in Italia ed è diffusa soprattutto nelle regioni centro meridionali. Nel territorio di Capitanata, e precisamente a Panni, abbiamo una zampogna autoctona. Proprio questa zampogna, che ha una forma particolare e solo tre fori, veniva costruita e suonata esclusivamente durante la novena natalizia, fatto che lega lo strumento a questa festività.La zampogna era composta da un’otre in pelle conciata di agnello o di capra sulle cui zampe si inserivano due chanter e un bordone, mentre alla quarta zampa si inseriva il soffietto.
Oggi la modalità di costruzione si è modificata in base alle esigenze degli esecutori che sovente devono accordare la zampogna con strumenti classici, facendole perdere quella approssimazione che era una prerogativa della zampogna stessa. Questo strumento, infatti, era anticamente utilizzato solo per un circoscritto periodo dell’anno, in inverno, perché il freddo riusciva a stagionare l’otre e non farla ammuffire, come invece avveniva col primo caldo di primavera. Possiamo quindi asserire che la costruzione e l’esecuzione della zampogna, che si ripeteva ogni anno, faceva parte di un rito sacro: l’adorazione del sole bambino che aveva il suo apice nel giorno del solstizio d’inverno, il 25 dicembre, quando la giornata risulta essere la più corta dell’anno per via del buio che sopraggiunge prima. Gli antichi ritenevano importante aiutare il sole bambino a prendere forza poiché la potenza del sole avrebbe dato vigore alle forze vegetative, e questo accadeva attraverso determinati riti.Se per un motivo funzionale i pastori molisani e abruzzesi transumavano sul nostro Tavoliere per poter svernare le loro greggi, il motivo religioso era quello di fare un pellegrinaggio che partiva da ovest e arrivava ad est: il percorso inverso del sole. Il periodo natalizio cristiano coincide con la nascita del sole bambino pagano che anticamente era un evento straordinario che coinvolgeva tutte le forze della natura, compresi gli animali, alcuni dei quali andavano in letargo mentre altri erano sacrificati. Agli animali che erano sacrificati al sole bambino apparteneva l’agnello, poi acquisito dalla tradizione Cristiana che vede in Cristo l’Agnello di Dio, e tra i modi di sacrificare l’agnello c’era quello di trasformarlo in animale sonoro ovvero in zampogna.
La zampogna, inoltre, serviva a stabilire una comunicazione con il dio Pan, inventore mitologico di questo strumento, come viene riferito da A. Capozzi nel libro dedicato alla zampogna di Panni. Prova ne è, secondo un mio modesto parere, che la zampogna zoppa , una zampogna tipica abruzzese, non è così denominata per via del fatto che ha gli chanter di lunghezza diversa, ma perché impersona il dio Pan, che la mitologia rappresenta zoppo.La relazione cosmogonica che esiste tra la nascita del sole bambino, il dio Pan e la zampogna si può spiegare in questo modo: l’esortazione alla nascita del sole avviene per mezzo del dio Pan, metà uomo e metà capra e che rappresenta la parte ctonia del sole cioè la notte, che si collega con l’uomo per mezzo dell’agnello sacrificale a lui caro. Se riflettiamo sul fatto che in questo periodo siamo nella costellazione del Capricorno, animale mitologico che ci riporta al dio Pan; che il percorso rituale dei pastori provenienti da regioni ad ovest come il Molise e l’Abruzzo è il percorso inverso a quello del sole che nasce ; e che l’etimo della parola zampogna deriva tanto da sinfonia quanto da zampa , la parte del corpo più prossima alla terra, notiamo come si legittima la presenza natalizia della zampogna.

Il travestimento dei pastori in agnelli attraverso il guardamacchie, il corpetto di lana, il cappello ricavato dall’agnello e la zampogna rappresentano un rito di identificazione con l’animale che simboleggia la luce, ovvero il sole che nasce, in contrapposizione ad un altro animale che è il lupo, il quale raffigura la notte e le forze terrene. Una delle leggende che si raccontano in tutta la Capitanata riguarda i nati il 25 dicembre che, secondo il detto popolare, diventano lupi mannari (i lupanare). Queste persone riescono a calmarsi solo se sono punti o se ascoltano il suono della zampogna. La simbologia dell’uomo agnello che riesce a neutralizzare l’uomo lupo è un’altra prova che indica che stiamo entrando nella fase del sole invicto.Nelle ninne nanne di gran parte del meridione si fa cenno al lupo che si mangia la pecorella .L’invocazione del sonno del bambino rappresenta il contrario di quello che avviene alla natura durante il periodo natalizio, ovvero un’esortazione al sole di prendere vigore. Durante il giorno, il ciclo della luce e della notte riproduce in piccolo quello che accade al sole nel corso dell’anno, ricordandoci ancora una volta che stiamo entrando in una fase di risveglio di tutta quanta la natura.

Dott. Donatacci Giuseppe
Docente dell’Università
del Crocese